Parole in fila per una figlia amata, 3
novembre 2014
Siamo al pomeriggio, dopo
varie ed eventuali faccenduole. Dopo, soprattutto, la tua visita con caffè e
gallette di farro farcite di marmellata di more. Per non dire dei petali di
rosa. Grazie, stella mia.
A notte, ancora nemmeno alba
io, invece di accenderti la stufa per farti trovare un ambiente fisico caldo,
a riflesso di quanto calore vorrei riuscisse a confortarti dentro - e
così sembra non essere, poiché dal gesto, l'intenzione interiore fatica
ad arrivare intatta; di offrirti una forma di sostegno che so, del pane,
un biscotto, un frutto in più, un piatto già cucinato, una mano a
riordinare - un'invadenza -, oggi ti scrivo.
A volte emerge come
una segreta volontà di negazione, in genere mero riflesso di qualche
antica inquietitudine che non si riesce a manifestare appieno. Dunque, oggi ti
scrivo per offrirmi la possibilità di un confronto senza
replica immediata, che a volte è solo motivo di uno scontro che, fosse
pure per un momento alza barriere, pur se nell'intimo la verità
affettiva insopprimibile è lì, pronta a manifestarsi per farsi
accettare e confortarci, semplicemente.
Senza prolissità ma, per verità
genetica, quando non pervertita, rientra nell'ordine delle cose che l'essere
generante, in particolare colei che ha generato, non possa nutrire altro che di
bene l'essere cui ha dato forma e respiro.
Al contrario, la creatura creata,
nel suo percorso di formazione individuale ha, necessariamente, l'esigenza, il
compito, il dovere, di seguire un processo che la condurrà a un distacco
di crescita. La mitosi cellulare è manifestazione primigenia di tale fenomeno
naturale. Il distacco, di qualunque genere, raramente è indolore. Esso
rappresenta un salto nell'inconosciuto e presuppone la sedimentazione di una
scorza di estremo coraggio.
Nel mondo animale, in cui
ogni forma di percezione è puramente istintuale, entrare nella sfera
che obbliga alla sperimentazione di spazi e luoghi e tempi, il mondo del
confronto-scontro con tutto ciò che rappresenta "altro da sé", non
sembra causare conflitti, sforzi emozionali, dolore. Altro è per l'uomo che, in
qualche forma, si avvale del legame emotivo, affettivo, intellettuale che gli
fa da piattaforma di lancio da cui spiccare il proprio volo - ma che
sempre e nonostante ogni sforzo eventuale o apparente, a quella piattaforma
rimane collegato, poiché è avvalendosi di quel nutrimento di memoria ancestrale
che egli segue il suo percorso di evoluzione.
Questo termine
si veste, nei tempi, di colori differenti, ma poiché è l'uomo stesso che
gestisce, manipola e condiziona il proprio sviluppo - ecco, forse questa,
di definizione, è meno impropria -, non sempre si vive nell'epoca del
bon ton, diciamo. Il bon ton definisce l'equilibrio che
si raggiunge soltanto quando esso è la rappresentazione di una verità
interiore consolidata. Il bon ton non si mistifica.
Ogni
deviazione, giusta e necessaria quando si manifesta come forma di
sperimentazione nel corso della ricerca verso l'equilibrio, comporta
forzatamente un impegno gravoso. Per affermarsi, l'individuo utilizza mezzi
anche taglienti. Ma dove, colui che giunto al termine del processo di giusto,
doveroso distacco schivando la trappola dell'abbandono, sia riuscito a volare
tanto alto da essere in grado di vedere e rispettare appieno l'altrui
individualità e di apprezzarne, perfino, il valore nel confronto costruttivo,
irritante a volte... Come per ogni cosa, gesto, pensiero, funzione, il processo
di autoaffermazione, invece di liberare, può divenire una limitazione
relazionale il cui superamento richiede successivo, notevole impegno.
Parlare, scrivere...
Comunicare, sarebbe altro. Noi due abbiamo difficoltà a comunicare tra di noi.
Le nostre seppur rare chiaccherate sfociano spesso in discussioni e a te
viene il pianto in gola e come me, d'altronde, ti è difficile
manifestarlo, semplicemente, come atto di umana necessità. I tuoi toni nei miei
confronti diventano aggressivi anche quando provi a rapportarti a me come
persona e non come madre anzi, non riesci a percepirmi come persona,
semplicemente, che possa nutrire pensieri e valori che, seppur apparentemente
distanti dai tuoi, possano avere una propria valida identità.
Tentando di
osservare dall'esterno e proiettando lo sguardo all'indietro, percepisco una
forma di riparo che di certo ha radici nel nostro vissuto in comune ma
che, al di là di frasi e rinfacci strozzati, non hai mai voluto sviscerare. Non
con me, unica fonte - seppure tale affermazione possa venir ritenuta
una forma di superba stoltaggine, contraria a quanto veicolato dal
pensiero di una psicologia corrente che a volte ha necessariamente dovuto
impadronirsi di ruoli che la formazione di un buon dialogo tra gli
interessati gli avrebbe negato, - fonte cui rimane difficile manifestarsi proprio perché tra
interessati, ma da cui potrebbe sgorgare per poi fluire a doppio
senso, un balsamo guaritore per entrambi. Lo auspico sempre e comunque, perché
siamo insopprimibilmente madre e figlia, amatissime l'una per l'altra.
Mia madre non aveva idee che
esulassero dal vissuto quotidiano o perlomeno non le manifestava. Forse non c'è
stata l'occasione. Mia madre non comunicava; era una donna che viveva chiusa
nel cerchio ristretto delle necessità di un nucleo familiare che inglobava le
proprie, in un ruolo al cui interno non si era aperta forma di
scambio significativo. Io, tra l'altro, ero uno spirito indipendente, una
"maverick", una che poi, nella vita non ha mai svenduto la libertà di
spirito, figurati, non soddisfacevo il suo bisogno di sicurezza, di appoggio
proiettato a sostenere necessità future, che generava una forma di possessione
a cui mi sono sempre sottratta. Mia madre faceva esercizio di lettura
avvalendosi di pettegolezzi spacciati per informazione, seppur frivola.
Manteneva attive le sinapsi impegnandosi quotidianamente nell'uso
della vecchia, gloriosa, ormai jurassica Settimana Enigmistica. Non ha mai
scritto altro che la lista della spesa. Non aveva la più pallida idea di
quanto si potesse muovere intorno al suo ambiente circoscritto,
figuriamoci dunque quanto estraneo, distante, le fossero il
mondo e il resto degli individui. In quanto a percepirli come
"umanità", non ritengo questo concetto abbia mai fatto parte dei suoi
pensieri coscienti.
A ben
riflettere, proprio questo l'ha tenuta al riparo anche da ogni forma di
confronto viscerale. Io non ho mai aggredito verbalmente mia madre e lei, in
cambio del suo non comunicare, è rimasta schermata, salvata in qualche modo,
da quella dose di strapazzamento emozionale che si genera nei rapporti
cosiddetti stretti, in particolare, madre-figlio. Figlia, forse, più intensi.
A volte. Oppure, più spesso. Dico più spesso, poiché attribuisco
all'essenza dello spirito femminino una valenza preponderante, seppur non
unica poiché questo la renderebbe tronca, inetta, per gli scopi di
raggiungimento dell'equilibrio necessario, appunto, al mantenimento di
quella perfezione cosmica al cui interno si potè sviluppare l'essere pensante.
Comunque, alla fine, il concetto si staglia con evidenza: soltanto chi resta
immobile non causa scontro. L'immobilità che concede l'immersione nel Tutto, è
il lusso estremo di pochi. I muti poi, i sordi, in apparenza svantaggiati,
hanno forse, dal tempo di una presa di coscienza del loro diritto a
condividere l'esistenza con i cosiddetti normali, una forma
di vantaggio su questi, che hanno dovuto impegnarsi a comprenderne i
linguaggi. Ma se mai volessero isolarsi, ne avrebbero le vie e i modi
inattaccabili.
Ogni tanto svicoli e dici che
non vuoi sapere. Stavolta, ascolta, non per essere bombardata, ma perché in
quello che andrai leggendo ho cercato di mettere il mio intimo pensiero, nei modi
che non mi riescono verbalmente. Fino a un certo numero di anni addietro,
pensavo al mondo e mi figuravo la sua forma sferica, resa appena imperfetta da
quel vago appiattimento di cui si narrava soffrissero i due
Poli. Potevo visualizzare i segni minimi e filiformi, pullulanti ma
non straripanti, a rappresentare tutti coloro che non solo lo calpestavano
questo globo, ma lo rendevano Terra da vivere, da far fruttificare. Questo
potrebbe essere un limite, oggi, agli occhi di chi queste cognizioni,
sensazioni, non le ha vissute nell'intimo: a partire dalla generazione che mi
ha succeduta, la vostra dunque.
Pur
presupponendo movimenti iniziali di partenza intrisi di grandi ideali, gli
approcci a quanto ci troviamo a gestire oggi tra le mani, seppur virtualmente,
sono necessariamente diversi. Noi siamo frutto del Trattato di Vienna, delle
dichiarazioni di guerra e della Grande Guerra, di lotte e spargimento di
sangue volute e decretate a tavolino da chi aveva già la Visione, -
seppur allora appena strisciante - di modi di metter le mani su profitti
incalcolabili. Visioni spacciate sempre ai popoli, come necessarie a 'salvaguardia' dei confini nazionali intesi come le mura che
contengono ogni singola abitazione, a proteggerne gli abitanti.
A scuola si
studiava una Storia intrisa di eroi i quali, rendendosi disponibili al
martirio, si gettavano tra le braccia del nemico, - quel nemico dipinto di nero
tanto quanto oggi l'hanno riverniciato di rosa-cilestrino poiché oggi, così
frutta meglio. Si studiava e si veniva interrogati sul numero di morti
ammazzati e di come fossero periti magari nel risucchio del fango di una
sconosciuta, terrificante trincea epperciò ancor più eroicamente, valorosamente
riscattati e sospinti, nel proprio disperato intimo, da una indotta
coscienza di atto sacrificale di sé, necessario ad assicurare il benessere di
quei cari che non avrebbero mai più abbracciato. E ci sono sempre state perfino
le commemorazioni gloriose e pompose del Milite Ignoto, ricordo indelebile
soltanto per coloro che sono rimasti indietro a piangerlo, spesso senza nemmeno
la consolazione di credere, alla sua stessa ingenua maniera, nel valore di
quella morte.
Guerre e ammazzamenti
per quello che tanto si affannavano a spacciare come il bene della Patria,
la necessaria Vittoria, la doverosa, improrogabile sempre, conquista di
altri spazi in quanto vitali; l'espansionismo che avrebbe assicurato pane e
lavoro alla progenie - non si poteva non vederne la bisogna, - come
doverosa e improrogabile è stata l'assolutamente incostituzionale imposizione
golpista del governo Monti e il suo devastante attacco al sistema
pensionistico dei comuni mortali e lo sono, altrettanto, la legge
di stabilità, il vituperato Job Act e la legge sullo svuotamento del Senato che
un governo fantoccio, mai democraticamente eletto dai cittadini, si affretta a
velocità supersonica a piazzarci sulle spalle, insieme ai traffici illeciti e
ruberie atte a consolidare posizioni incostituzionali. Dell'articolo 18 non ho
stima, in quanto mira a conservare privilegi quasi di casta. Una casta che
esclude masse di lavoratori affatto tutelati poiché sfuggono al controllo e
dunque, al tesseramento nelle fila delle varie organizzazioni sindacali, atto
dovuto che li rende potenti e accaparratori di lauti stipendi e prebende. E che
dire dello Jus Soli, che andrà a sovrapporsi indebitamente a una legge
che già contempla il diritto di coloro che sono nati in Italia, a richiedere e
ottenere la cittadinanza, al compimento del diciottesimo anno di età e che, una
volta resa stoltamente operativa, andrà ad aggravare, con i soliti trucchi e
benefit, sulle casse di uno Stato che si pasce del sangue dei suoi cittadini
indigeni al fine di mai scomparire dalla faccia della terra di questa Nazione?
Onestà imporrebbe di pensare davvero, al benessere del Paese. Quello intero. In
questo senso, non rilevo segno alcuno di onestà.
Risalendo a un paio di
generazioni addietro, ciascuno di noi ha avuto un sacrificato sull'altare di
questa benedetta Patria. E la Geografia poi, comprese quelle economica e
politica, si studiava affinché si imprimesse nella nostra memoria collettiva di
Popolo Italiano il significato allargato, intrinseco nel concetto di 'confine'. L'idea fondante di tali discipline di studio era in
qualche modo restrittiva, ma anche razionalmente costruttiva e poi, tant'è,
quelli erano i tempi, frutto di passati dolori e privazioni e solitudini di
famiglie smembrate, vedovanze, orfani sbandati e terre abbandonate. Frutto
anche della limitazione della capacità e possibilità di viaggiare, di espandere
visione e conoscenza. Il nostro dopoguerra è stato un periodo di grande
travaglio di ricostruzione. La gente, quella cui in seguito è toccato il marchio
di 'normale, comune', - quasi un'infamia, a confronto degli
autoreferenziati imbelli e corruttori-corrotti che si sono andati sviluppando
in massa, come escrescenze tumorali -, si è letteralmente rimboccata le
maniche, ha lottato con le proverbiali unghie e denti per ricostruire partendo
da macerie di mattoni e di pensiero, di vite i cui pezzi andavano rimessi
insieme. Di onore, persino. Quel concetto di onore che troppe volte è stato
vituperato con insolenza, troppe altre calpestato con violenza. Molti, hanno
brigato per conferirsi una patina di onorabilità, considerata tale nel
momento storico in cui avevano finito col ritrovarsi, rinnegando ruoli anche
pesantemente ricoperti, nel loro recente passato.
Ma cos'era questa
Patria da far rinascere dopo la devastazione, nel suo complesso, se non
una nuova, immensa casa a contenerci noi del Popolo, ciascuno nella propria
distinta intimità e giusto diritto alla felicità e al lavoro che permette, in
quanto base d'appoggio, di aspirare al suo conseguimento, come narra la
tanto sbandierata Costituzione? La Costituzione narra anche di ogni
forma di eguaglianza e diritto-dovere di cui si è andato perdendo perfino il
sentore dello spirito che ha illuminato i Padri costituenti, pochi eletti,
idealisti del tempo che concedeva loro il lusso di essere tali. Una Costituzione
manipolata e imposta a bacchetta ai molti che non hanno titolo per discuterla e
calpestata da chi avrebbe il democratico dovere di rispettarla, oltre che di
farla rispettare. Una narrazione, ormai. Una pulcinellata, ormai. Un'ammuina,
appunto.
Siamo, noi, la generazione
cresciuta con quello spirito educativo che lascia entrare un ospite quando lo
stesso è invitato. Chi entra senza permesso è un occupante. Potrà avere perfino
una propria forma di vaga, perfino indotta autogiustificazione, ma resta un occupante che si impone a
un ambiente che di per sé, non è responsabile delle sue motivazioni. Un
abusivo. Se, al contrario, gli si offre una porzione
della propria abitazione dietro giusto corrispettivo - sia esso sotto
qualunque equa forma - chi entra, lo fa a pieno, equo diritto. Ma oggi ci sono
perfino i comitati, le associazioni degli occupanti abusivi organizzati che
inducono e favoriscono, in certe città e quartieri, l'appropriazione indebita
di abitazioni assegnate ad altri. Che poi le assegnazioni popolari siano
questionabili, è altra cosa e sarebbe motivo di ben altre considerazioni
aggiuntive. Ma vorrei anche dire, brevemente, che a fronte di fasce di persone
oggettivamente svantaggiate e che dovrebbero averne lecito diritto, ce ne sono
di certo altre che ottengono il non dovuto con la sopraffazione e la violenza,
pur movimentando apertamente ingenti somme di danaro provenienti da
comportamenti malavitosi.
Riprendendo il filo
delle mie riflessioni, aggiungo che, al contrario, su di voi sono cresciuti i
semi di Maastricht, della formazione di una Comunità Europea che si è rivelata
però, impreparata, arrogante, prevaricatrice e falsamente lungimirante.
Dico falsamente poiché mi attengo a degli assunti elementari, a partire dalla
diversità di sesso. Se uomo e donna sono fisicamente diversi è perché la loro
funzione era ed è intesa primariamente al fine di esprimere
significati e ruoli differenti. Non a caso, la donna partoriva e restava nelle
caverne con la prole e l'uomo partiva alla caccia per procacciare cibo e
pelli per riscaldare i corpi che, seppur coperti abbondantemente di pelo, non
erano protetti a sufficienza. La donna accendeva il fuoco e lo manteneva vivo;
l'uomo contribuiva a tenere lontane le belve affamate che avrebbero distrutto
la comunità e con la sua forza e coraggio, la sfamava. Ciascuno sopportava il
peso di un'esistenza dura e irta di pericoli. Anche le belve. La tribù era
circoscritta e aveva un capo indiscusso poiché già al tempo, in pochi e sparuti
che fossero, la litigiosità generata dal bisogno di benessere individuale
all'interno della collettività, creava disaccordo. Coloro che non rispettavano
le regole necessariamente imposte affinché la vita nel gruppo scorresse nel
rispetto di un equilibrio pur sempre precario e dunque da difendere per una
qualità di vita sostenibile, venivano, se non giustiziati, ignorati. Espulsi
dagli occhi e dalla mente. Morti viventi. Zombi senza terra né appartenenza.
Crudele ma, a ben vedere, necessità obbligata, pena il caos. E quando il
territorio diventava insufficiente a mantenere una forma essenziale di
benessere, si procedeva all'aggressione e appropriazione, all'accorpamento
integrato di altri spazi, senza infingimenti. Purtroppo l'uomo è nato bestia e
non è ancora riuscito a diventare pienamente umano e di quelle necessità fa
oggi perfino spregiudicata virtù.
Andando dalla diversità di
sesso possiamo con semplicità arrivare alla diversità territoriale, climatica,
geografica, politica, economica e finanziaria che ha fatto la
Storia dei vari Continenti e Paesi. Terre bagnate dal mare, invase dai
deserti, irrigate da fiumi e riparate da monti e montagne altissime. Terre
diverse su cui si abbattono con differente angolazione i raggi del Sole. Questo
astro che illumina, riscalda ma brucia, dissecca anche, ha generato nelle
diverse popolazioni la necessità genetica di sviluppare uno strato epiteliale
diversamente coriaceo da cui sono nate genti dal colore di pelle diverso,
perfino opposto, l'uno dall'altro. Dunque, il bianco, il giallo, il brunastro,
l'ocra, il nero, altro non sono che l'espressione visibile di
una necessità vitale di sopravvivenza nei luoghi di nascita e sviluppo. E
i frutti di ciascuna terra, gli elementi nutrizionali che li compongono,
anch'essi, altro non sono che l'adattamento di risorse primarie al
mantenimento del benessere psico-fisico di coloro che vi sono nati.
Oggi si sente dire che la
nascita dell'Unione Europea ha visto sviluppare la pace tra i popoli che la
compongono. Falso, come ho detto ieri sera. Oggi si uccide senza concedere ai
morenti il diritto di puntare il dito a condannare, o il moschetto per
difendersi. Oggi l'aggressione economico-finanziaria è spietata. Non ci sono
trincee da scavare per poter almeno tentare di rifugiarsi, se si è deboli quel
tanto da diventare ambito oggetto di golosa fagocitazione. Oggi l'avidità,
grazie proprio all'abbattimento di concetti che contenevano valori a garanzia
di salvaguardia di un equilibrio all'interno delle diverse popolazioni, non ha
più freni. Non conosce madri, né padri, né fratelli, né sacralità alcuna.
Concetti, ideali di
integrazione e vicinanza di genti vengono sospinti avanti a forza, in
mille maniere subdole, creando una falsa idolatria poiché di certo non è
fomentando guerre su cui arricchirsi e che spingono forzosamente e
intenzionalmente a fuggire dalla Patria d'origine persone che finiscono
preda di meccanismi di sfruttamento che poi, alla lunga diviene
reciproco, che si aiuta l'umanità a vivere una giusta forma di solidarietà.
In questi meccanismi stravolgenti siamo finiti, come altri Paesi, noi. L'Italia
calpestata. Io non mi dolgo per me. Comprendi. E' per voi che agito i miei
vessilli di parole e di sentimenti ormai burberi, o imbarbariti all'apparenza, perfino. E il
danno è su me stessa, innanzitutto, per quel senso di inutilità a incidere su tanto sfacelo.
Tu dici che io, auspicando
una resistenza onesta in loco contro i tiranni, piuttosto che una fuga
sospinta verso un ignoto dipinto da altri, non penso a quelle genti come
persone anzi, se e quando ci hanno mostrato piazze urlanti e manifestanti, non ho
riconosciuto la spontaneità di certe sollevazioni, falsamente, a mio avviso,
popolari; che non considero i morti annegati come persone; che non ritengo gli
sbandati che invadono in maniera più o meno apparente questo Paese lungo e
stretto e saturo, persone. Io penso alla nostra Storia e mi sfilano
davanti agli occhi della memoria uomini e donne che hanno
generosamente combattuto aspirando alla libertà di vita e di pensiero, con
sollevazioni spontanee contro quella che di volta in volta veniva additata
come tirannia. C'era un'ingenuità delle masse, la rete delle informazioni si
affidava a staffette a cavallo, ai tam tam, al passaparola e a una forma di
primitiva stampa clandestina con volantini che a distribuirli si rischiava la
morte. Era più difficile manipolarle, le masse. Ma vedo anche, in più recente retrospettiva e fino ai giorni d'oggi, troppi
individui - piattaforma di lancio di una mortifera casta, appunto - che
accettano per interesse, di qualunque genere esso sia, di venire sospinti
avanti a pavimentare strade altrui; e che a una tirannia vituperata ne segue
sempre, nel tempo, una altrettanto minata nella sostanza di chi fintamente
persegue il cambiamento, troppo spesso sospinto da interessi altri, mai
apparenti alle popolazioni indotte a insorgere. L'avanzare del benessere materiale rende
i manipolatori ingordi e abili mistificatori. E come disse il marchese di
Salina "tutto deve cambiare perché tutto resti come prima".
Finite la guerre, tanti di
noi sono emigrati, in particolare all'Ammerica. Prediamo quella nazione
a termine di paragone. Il concetto di emigrazione cui sono stati sottoposti gli
Italiani è stato ben diverso da quello che si intende far passare oggi per
buono qui in Italia, che nulla ha mai avuto a che vedere con un territorio
tanto vasto. L' America. Quaranta giorni in isolamento a Ellis Island, per
cominciare. La fame e gli stenti, ogni tozzo di pane a proprie spese, malattie
senza copertura assistenziale alcuna, fino alla morte con seppellimento in
seno a una comunità di stenti che spesso poteva offrire solo un pugno di terra.
I tempi sono cambiati, malamente, dopo. Con l'isolamento si
intendeva preservare il Nuovo Mondo dall'invasione di germi e virus
mortali forse non ancora debellati nel Vecchio Mondo. E mi sembra giusto. A
tutt'oggi è vietato introdurre fauna o flora da Paesi altri, a salvaguardia
della conquistata integrità sanitaria del mondo animale e vegetale. Anche
questo mi sembra giusto. E magari, prima di aprir loro le porte del Nuovo
Mondo, i malati venivano curati, se non rispediti indietro.
A tutt'oggi, in molti Paesi
si entra soltanto con visto d'ingresso turistico, anche questo a sacrosanta salvaguardia di popolazioni inserite nel territorio tutelato e di
un raggiunto equilibrio interno. Per conquistarsi un diritto
di soggiorno più lungo ci sono pratiche elaborate da esplicare se non erro,
quando si è ancora sul proprio suolo natìo. In quanto al diritto a richiedere ed
eventualmente vedersi riconoscere, la cittadinanza, il percorso è irto
quanto una parete delle Cime di Lavaredo. Magari perfino più alto. A volte
irraggiungibile. Il novello cittadino ha da costituire una risorsa. Sembra
crudele, anche questo. Ma non ritengo sia così. Se non lo è, va aiutato a
crescere nella sua propria Patria, anche con la difesa armata dei suoi diritti
contro eventuali dittatori tiranni.
Crudele è, come dicevo,
sfruttare le genti, indurle, subliminalmente o coercitivamente a
separarsi dai propri luoghi naturali di appartenenza, in cui Madre
Natura fornendoli di ogni strumento onde ben rimanervi insediati, li
incoraggerebbe, in linea di principio, a vivere. Crudele è costringerli a
tagliare radici e legami con la propria terra, quella che assorbe e mantiene i
ricordi, perfino quelli eterici del passaggio di ciascuno, a cui, eternamente,
per quanto imperfetto e temporaneo potrà mai essere il ciclo vitale di
ogni essere, si rimane ancorati, per via di quel filo d'argento che
l'uomo chiama Etere, che tutto permea e di conseguenza unisce nella trama
universale come all'interno del corpo umano, sotto forma di liquido
interstiziale. E proprio a causa e in virtù dell'Etere non c'è alito di vento
smosso a uno dei Quattro Venti che non corrisponda a moto
energetico nei restanti punti cardinali. Per questo 'nessun
uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte del Tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se
venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di
qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non
chiedere mai per chi suona la campana: suona per te'.
Mille strappi, dunque. Uno
per tutti: partire per andare verso una vita di sfruttamento o, al contrario, a
beffa di una tanto sbandierata integrazione e fratellanza, di assistenzialismo
passivo che altro non può che ingenerare parassitismo e malaffare, in
ciascuna delle parti in gioco. Intenzionale e mostruoso, nelle menti e nei
comportamenti di coloro che mettono a punto i disegni criminosi, tanto più
tali in quanto spacciati, come il peggiore degli stupefacenti, per
umanitarietà, spirito di accoglienza, come dicevo. Nelle nostre città
si affiggono cartelloni con immagini di donne e uomini di colore, pelle
nera di preferenza, poiché la diversità viene meglio messa in evidenza -
con appelli a ritrovare dentro ciascuno di noi indigeni, l'amore fraterno che
tutti dovrebbe unire e di quello illuminare le strade di congiunzione. La pubblicità televisiva e non solo utilizza in maniera indegna immagini di donne e bambini in stato di cattiva salute, indigenza, per scucire denaro dalle tasche degli ingenui, sapendo che questi sono tanti. Veniamo quotidianamente asfissiati da toni terroristici di sbarchi, tensioni, ammassamenti di persone che finiscono col vivere peggio delle bestie - ché a mostrarli così si fa miglior breccia nelle coscienza facilmente manipolabili. Al contrario, di ammazzamenti e stupri e oscenità, in particolar modo la televisione, si occupa ben poco. Non si fa grancassa contro il presumibile svuotamento di carceri di Paesi da cui tanta di questa gente proviene. Eh no, questo non gioverebbe alle tasche degli arricchendi. Bene,
se è vero che il senso di fratellanza dovrebbe essere un sentimento empatico
spontaneo e prorompente, rimangono falsi i meccanismi attraverso cui si
inducono gli affratellandi a considerare il venirsi incontro a braccia e cuori
aperti. Quelli sì, possibilmente si aprono e ci auspichiamo che così sia. Ma da
parte di chi induce, l'unica cosa che si spalanca, purtroppo, in massima parte,
anche se non esclusivamente, almeno all'inizio, è il cordone della borsa.
Questa è crudeltà e mi impedisce di accettare in maniera conseguenziale tali
sconvolgenti avvenimenti.
Io che non mi ritengo
crudele, costringerei le stesse entità altrimenti da considerarsi malefiche
che, motivando le popolazioni coi massacri indotti, le inducono
forzatamente a fuggire verso Paesi pronti a farli cadere
nelle peggiori trappole consumistiche, a bloccare lo spaccio sfrenato
di armi verso quelle Nazioni e Continenti. E più fuggitivi e più manovalanza,
di lavoro e di criminalità a basso costo e più incalcolabili profitti per
quella che ancora oggi, da noi, viene definita Cupola. Cupola che ingloba
non solo la Mafia di obsoleta memoria, ma i veri distruttori del genere umano,
circolanti ormai in ogni strato sociale, politico, intellettuale e
sovranazionale. Schengen ha significato, ebbene sì, molto spesso,
l'apertura facilitata anche a massicce infiltrazioni di origine criminale.
Io che non mi ritengo
crudele, piuttosto che forzare l'allontanamento di genti dalle proprie
radici territoriali, affettive, culturali e religiose, spedirei orde di
onlus-siani, fondazioni-ani, Caritas-siani, politicanti sproloquianti e
malfattori, ladri di quanto viene risucchiato dalle energie della popolazione
al fine di saziare le proprie brame personali, a fornire, tutti insieme
appassionatamente, con la catena e la palla al piede, opera umanitaria di
formazione, di valido e più efficace utilizzo delle risorse territoriali a
garantine l'autonomia esistenziale dei vari Popoli, sotto ogni
aspetto, nei luoghi di origine di queste popolazioni, da cui, fossero i
predetti animati da vero, onesto intento, mai vorrei vederli distaccati, se non
in momenti favorevoli allo svago, ai viaggi di
approfondimento, alle visite ad amici o per il gusto di ampliamento
di orizzonti della conoscenza del pianeta e dei suoi abitanti. Viaggiare non
per infame necessità indotta, ma per scelta di umano, sereno desiderio di espansione
spirituale, una volta raggiunto un livello di vivibilità dignitoso. Predicavo
questo fin dagli anni '70, quando la mia esperienza lavorativa in seno a
un'organizzazione delle cosiddette Nazioni Unite, sorta per, si fa per
dire, combattere la fame nel mondo... mi illuminava sui reali intenti dei
benefattori e sulle modalità messe in atto al fine di perseguirli.
Un esempio per tutti, il racconto fattomi da un amico, operatore di un servizio fotografico propagandistico in un villaggio peruviano: i nativi
venivano immortalati - a beneficio di coloro che erogavano fondi per le
missioni allo scopo di garantire ricchi posti di lavoro anche
a connazionali altrettanto fortunati - mentre mostravano i denti
spalancando la bocca in un sorriso, stringendo ciascuno tra le proprie
braccia un sacco di farina, non sospettando che finiti gli scatti fotografici,
quegli stessi sacchi sarebbero stati ritirati e portati via. Progetti a iosa,
personale a iosa, soldi a palate in stipendi, viaggi e innumeri benefit
per funzionari e famiglie intere. Anche per il personale amministrativo e
d'ufficio. Oggi fame, guerre e ricorrenti carestie e migrazioni,
fughe, mostrano di quanto certe Organizzazioni si siano sempre fatta
beffa.
Come scrisse
Shakespeare, tanto rumore per nulla. O comunque, troppo poco rispetto
alle sbandierate intenzioni di portare sviluppo nei Paesi cosiddetti
sottosviluppati. Eppoi, sottosviluppati in rapporto a cosa, a chi, a dove, a
quali costumi di vita? Chi ci ha voluto far credere che respirare ossido di
carbonio dai finestrini di un camion, un'auto in movimento, una casa incastrata
nel cemento, fosse migliore o più esaltante che correre tra gli alberi di una
foresta equatoriale e tendere una mano a raccogliere un frutto cresciuto lì, a
portata di braccio, proprio perché ci fosse nutrimento gratuito, alla bisogna,
per chiunque? A che titolo, ad esempio, scendere dagli altipiani peruviani
da cui si gode di certo una vista magnifica, per finire nelle pianure di luoghi
in cui la modernizzazione, l'industrializzazione, il cosiddetto progresso dunque,
hanno di certo favorito una mutazione genetica dei polmoni di coloro che di
tali meccanismi sono caduti vittime? Oltre al fatto che la vita, nei luoghi
d'origine, in cui si avrebbe il sacrosanto diritto di restare godendo di
quello per cui a ciascun popolo è toccato di nascere proprio lì e non
altrove, è probabilmente, nel rispetto di ciascuno, certamente migliore di
quanto i civilizzati possano mai arrivare, purtroppo, ormai, a percepire
e credere.
Alcune nazioni, in
particolare un paio a noi geograficamente più vicine e da cui è stato più
facile defilarsi senza ingenerare difficoltà di inserimento troppo
profonde, non si sono soltanto viste privare di risorse umane, di persone
oneste e bene intenzionate, fuoriuscite alla ricerca di sbocchi altri ma,
nel cosiddetto mucchio di richiedenti il visto, hanno smesso di
scoraggiare-impedire l'espatrio - poiché con l'allontanamento di elementi
che in Italia hanno trovato la via aperta alla fuga da galere patrie che li
avrebbero incarcerati per gettare, poi, le chiavi delle celle - si sono alleggeriti
di tanto peso, incluso quello di mantenerceli, nelle patrie galere, a spese
dello Stato. La parte sana di quegli emigranti avrebbe potuto
costituire una vera risorsa anche per l'Italia, se non fosse che quasi
tutti i Paesi di origine non hanno adottato e in buona parte mai adotteranno
poiché gli esempi che corrono non sono incoraggianti a tal fine, la moneta
europea unica, l'Euro. E se non fosse che il traffico di denaro che scorre
dietro a questi sommovimenti è davvero ingente ed è dunque favorito
da governi di malavitosi.
In conseguenza e virtù di
quanto scritto, i denari guadagnati in Italia vengono spediti massicciamente a casa, poiché in quelle nazioni, il potere d'acquisto dell'euro è
ben maggiore. Questo, tra l'altro, crea un movimento che, mi vien da
sospettare, impoverisce le nostre Casse e danneggia i seppur vaghi
sussulti di crescita economica. Essendo di fatto stati scippati di quella
sovranità che i nostri politicanti hanno prestamente e malavitosamente
svenduto a chi li gestisce come pupazzi collusi e dunque ben felici di essere
spupazzati - così da avere una pur sottile giustificazione di fronte agli occhi
dei cittadini sfruttati - noi siamo stati proditoriamente privati del
sacrosanto diritto di stampare moneta e siamo costretti a comperarne da governi
egemoni e usurai a costo ormai di un sempre maggiore aggravio del
cosiddetto debito pubblico. Nel caso di specie io non mi considero parte di
quel pubblico, no davvero. Eppure ritengo che ben altra res
publica dovrebbe essere anche per me, la questione di come vengono
sperperate le nostre risorse. E lo Stato dovrebbe essere responsabile di tale
scempio al cospetto di noi sfruttati. Anche di fronte a me, fosse
pure soltanto di fronte a me. Sono o non sono cittadina di questo Paese? La Costituzione,
narra o no, anche dei miei diritti di individuo da tutelare, oltre che dei
doveri che poi si aggiungono quotidianamente, inventati dalla macchina
stritolatrice che è il nostro Stato famelico e disonesto, ormai? O fosse che da
troppi anni sto permettendo a questi mafiosi di infinocchiarmi?
Nel contempo, tali categorie
di lavoratori importati, che dovrebbero, in linea di principio costituire
una valida e ben venuta risorsa anche per l'economia nostrana, rimangono a
costituire l'indistruttibile casta dei socialmente disagiati, aventi
diritto a ogni forma di sgravio e agevolazione, continuando a preferire,
in massima parte e laddove possibile per il datore di lavoro, le assunzioni
cosiddette in nero (e chissà da quale atavico concetto dispregiativo nasce tale definizione negativa...) che permettono vantaggi al datore di lavoro, in
parte - il quale a volte riesce così a sopravvivere traendo perfino quella
forma di guadagno a giustificare l'impegno - e in parte ancora maggiore, a
ben vedere, al lavoratore che rimane fantasma soltanto per quanto riguarda
la propria partecipazione al riempimento delle casse comunali e statali
sotto forma di tasse dovute, fosse regolarmente inserito nei registri degli
assunti. Oltretutto, permanendo nelle liste dei figuranti disoccupati
disagiati, pur nella permanenza di uno stato di precarietà residenziale, nulla
sfugge loro, per sé e per i conviventi, anche quelli apparenti e temporanei, in
quanto a benefici economici e di qualunque altro genere assistenzialistico,
poiché una solida rete di associazioni assicura a tali categorie ogni sorta di
sostegno che, al contrario viene negato agli Italiani, poiché gli
Italiani rappresentano, nella condizioni in cui sono
precipitati, soltanto una forma di fastidioso onere, ormai. Un odore che
ferisce le papille olfattive dei signori che restano indebitamente insediati
nei palazzi istituzionali. I nostri palazzi, a ben considerare. A spese nostre.
Alla faccia nostra. E aggiungo, tanto per s-gradire, poi il concetto di furto perpetuo
di sistemi costituzionalizzati, di benefici economici per tutti coloro
che gravitano intorno e all'interno di Istituzioni Governative e affini.
Perfino il vitalizio per gli
over 65, ricongiunti, apparenti o meno, che dovrebbero teoricamente essere
residenti e conviventi, sono riusciti ad assicurare a questa categoria di
persone, grazie a disposizioni di legge entrate in vigore nell'anno
2000 sotto il governo Amato. Ovviamente, dopo di ciò, in gran numero sono stati
incoraggiati a venire in Italia e registrarsi come ricongiunti bisognosi,
ai soggetti già sul territorio, al fine di far loro assegnare, con la
collusione molto attiva dei CAF e di fasce annidate nei ministeri e nelle
ambasciate, l'ammontare di euro 5.577 annui, pari a tredici mensilità da euro
429. L'INPS ruba. L'ex direttore Mastrapasqua ha creato una situazione
disastrosa. Ci minacciano con l'instabilità delle somme pensionistiche fino a
oggi erogate, sempre quelle per il comune cittadino, legate
all'andamento del PIL, meccanismo da cui si sono sbrigati a svincolarsi, non
molto tempo addietro, in virtù di qualche accelerazione negativa, i
parlamentari e affini tutti. Si indebita l'INPS, indebitamente nei
confronti dei cittadini che pagano le tasse, a favore di chi, oltre
a far circolare in Italia ben poco di quanto qui
guadagnato, si pasce di contributi mai versati. Ed è storia consolidata e dagli
stessi confermata, che coloro che entrano nel nostro Paese, sanno esattamente,
già prima di partire dalla propria casa, cosa, dove, come e quanto venire a
pretendere. Sì, perché da tempo, ormai, sono stati messi nella condizione
legale di farlo. In senso lato, accettare passivamente tutto questo, ci rende
indegni difronte ai nostri figli. Uno zero, degli infami, a confronto dei
soldati morti in guerra per un ideale di Patria ben diverso.
Divagando, mi viene in mente
un proverbio. Nel corso della vita mi è capitato sovente di incappare nel
fondamento di quella verità che essendo di forma cosiddetta popolare, rimane
spontanea, genuina, incorrotta. E mi sovviene ora questo: 'Moglie e buoi
dei Paesi tuoi'. C'è stato un tempo in cui l'attualità del concetto
implicito in tale proverbio sembrava sfuggirmi. Viaggiavo, sperimentavo, strada
facendo mi innamoravo persino e congetturavo su future possibilità di
accostamento esistenziale. Non si è materializzata unione inter-nazionale
alcuna.
Negli anni mi sono
avventurata nel centro nodale del significato di quel detto popolare e ho
trovato una forma di risposta: nasciamo, cresciamo, come ho scritto sopra, in
luoghi determinati, in ambienti e condizioni climatiche e quanto
altro, specifiche. Noi siamo espressione di quello spazio-tempo che ci ha
visti maturare. Come ogni prodotto che viene nutrito, ogni figlio che
viene generato e cresciuto, portiamo impressi specifici codici genetici, siano
essi umani derivati dalla peculiarità di ciascun territorio e comunque
sempre umano-derivanti. Possiamo dire che anche dei nostri rifiuti, per
l'appunto, si rigenera la terra che calpestiamo e questi vengono elaborati per
tornare a nutrire elementi che sono adatti al nostro codice genetico e non a
quello di altri, salvo forzate intromissioni che magari possono essere causa,
nel tempo - e, presumibilmente hanno causato -, di modificazioni non
sempre con risultati di salto qualitativo e migliorativo.
Dicono che mescolare il
sangue di razze diverse sia un rafforzativo di prerogative genetiche. Sarà
vero? Perché dunque, Madre Natura ci avrebbe distribuiti chi qua e chi là e
chiaramente non a caso, vista la marcata diversità tra le varie
popolazioni e genie? Certo, i cambiamenti epocali non maturano in pochi
anni e magari, nei secoli dei secoli, quello che oggi è falsamente spacciato
per giusta circolazione di genti e da tutti subito, chi per un verso chi per un
altro, chi più o meno dolorosamente come uno sconquasso a volte mostrato con
dorature a mo' di specchio per le allodole, via via si consolideranno,
formando, a ogni epoca, una stratificazione a mo' di piattaforma,
quella stessa, ad esempio, di cui veniamo preavvisati durante
processi di dimagramento, a incoraggiarci nei periodi in cui si verifica una
stasi della perdita di peso. E' il periodo della piattaforma, ci dicono.
Necessario al consolidamento dei risultati fin lì raggiunti e per poter
ripartire con maggior lena ed efficacia. Nel frattempo, il dubbio di un
insuccesso ci rode.
Sono certa che potranno
sorgere albe diversamente illuminate. Oneste. Rispettose dell'altrui diritto a
vivere in piena dignità nei luogi nativi, albe che, in conseguenza di tali
scelte davvero umanitarie, vedranno spostamenti e mescolanze indolori e
serenamente volontarie di persone curiose della vita e delle genti che vivono
altre realtà. Non saranno le mie, quelle albe, ma sarò stata parte dei tempi
dell'attesa e pungolo alla loro esplosione. Nel silenzio di un isolamento voluto
per non sentire il frastuono che spazza l'Italia di oggi, metto la mano sul
fuoco, che verrà il giorno: "verrà un giorno che l'uomo si sveglierà
dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini
della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene
schiavo... l'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà
libero anche qui in questo mondo". Profetizzava così, puntando il dito
contro altro e per altri versi fanaticamente impazzando, Giordano Bruno, ma la
citazione si rende valida e pertinente a quanto sopra scritto.
Gli uomini hanno un dovere da
compiere. Lo devono a se stessi e a tutti coloro che l’hanno preceduto, che lo
seguono e seguiranno.
Buona serata, nottata forse o
chissà, giornata - dipenderà dal momento in cui troverai voglia e tempo di
leggere. TVB, figlia mia. Mia per quella parte che umanamente mi appartiene e
che sovrumanamente ho sospinto verso la libertà di vivere la
propria storia. Sempre.
Non so quanto Renzi possa cantar vittoria, perché le promesse le ha fatte tante e la prossima testa a cadere sarà la sua. La gente mi sembra incazzata abbastanza.
Purtroppo la scelta di Renzi di ricusare il patto del Nazareno cercando alleanze a sinistra e con il M5S è strategicamente perdente. Da ieri Renzi è “un morto che cammina” perché chi esce vincente da una situazione del genere è solo la sinistra del PD e – soprattutto – Beppe Grillo. La sinistra del PD, sebbene minoritaria all’interno del partito, ora ha libertà di condizionamento sulle mini-riforme, sull’aumento della spesa pubblica, sulla conservazione delle municipalizzate e delle loro poltrone, ecc.
In una situazione del genere burocrati e grillini vanno a nozze.
Renzi poteva contare qualcosa fintantoché godeva del tacito appoggio di Berlusconi da contrapporre alla sinistra del partito, ai sindacati, ed agli altri soggetti. Ora non conta più niente: sparerà le ultime cartucce verbali e poi sarà messo da parte. La legge di stabilità sarà stravolta in parlamento per preservare la spesa pubblica, gli enti inutili, le municipalizzate, le fondazioni bancarie, ecc. Arriverà una nuova ondata di tasse.
Arriverà presto anche la mazzata della Commissione Europea. L’Italia che non si riforma e non riduce la spesa pubblica non può pretendere comprensione per il rinvio del pareggio di bilancio al 2017 che, invece, l’Italia si era impegnata a raggiungere nel 2015.
… e giù altre tasse particolarmente odiose come la super tassa di successione auspicata oggi da Fassina e dalla Camusso che permetterebbe allo Stato di acquisire interi patrimoni al momento della morte del proprietario.
I tentennamenti del 2011 sono stati il primo scivolone lungo questa china polverizzatrice dell’Italia che era e che poteva, doveva, essere. La Sinistra revanscista vince forse questa battaglia, ma la vera guerra la perde l’Italia tutta. Carissimo Presidente Silvio Berlusconi, Cavaliere semper, per noi Lei resta l’ultimo, unico eletto democraticamente dal Popolo. Il resto, anche molti intorno a Lei, purtroppo, sono, come dicono a Roma, “‘monnezza”.