Il seme dell'idea stessa di peccato non
nacque contestualmente all'Uomo. Esso era tuttavia già nell'intenzione del Deus
ex machina.
Nella tradizione cristiana, ad esempio,
l'Uomo giunse a manifestazione in stato di innocenza. Ma una forma di ciò che
potremmo paradossalmente arrivare a definire qual stramba perversione,
costrinse Adamo ed Eva a considerare peccato la percezione dell'altro, con
l'aggravio di essersi voluti spingere, pionieri e impavidi - al fine di
acquisire conoscenza - oltre i limiti volutamente e grottescamente imposti.
Il risveglio delle loro coscienze scatenò il
primordiale, terrificante sconvolgimento di una Creazione generata immobile a
guisa di imperfetto, egoistico riflesso di qualsivoglia Idea di Vita. Se la Creazione si fosse fermata a quello stadio,
il Deus sarebbe rimasto un drago dormiente. Non felice, poiché privo di
confronti, ma nemmeno rabbioso. Statico e dunque deprivato di motivazione
alcuna, in un senso o nell’altro, positivo o negativo. L’incarnazone di un’ameba.
La Creatura, al contrario, come spesso
indicano storie e miti, sfuggì all’immobilismo attraverso le maglie del
desiderio di spezzare la morsa dei confini imposti.
In conseguenza di ciò, i due interpreti della
prima tragedia umana furono marchiati col fuoco del tradimento, che li volle
imporre all'immaginifico collettivo, come eternamente infami e ramenghi.
Nella linearità dei fatti i due esseri furono
bollati per aver ardito sperimentare il soffio di una procreazione promanante
da essi stessi, sospinti dal desiderio di sperimentare la Vita, partecipando di
quell’afflato di propria volontà piuttosto che come pedine.
Urgeva l’invenzione di una morsa psicologica
entro cui costringere lo strumento creato e farlo sazio di una satolla quiete.
E qual leva più possente del tarlo divorante
del senso di colpa sapientemente instillato e dello sperdimento, con
conseguente senso di prostrazione e assoggettamento che esso genera?
Il necessitante ribollì nel magma di un’imprevista
forma di creazione, e divenne carnefice. Ma anche qui, poiché la suprema Arte è
Rotonda, egli in qualche modo soccombette e nelle sue viscere si scatenò la
sempiterna fame di un Moloch.
Soccombette a se stesso e allo spirito di
libertà che, inatteso e affatto previsto, animò la creatura creata.
Seppur dicesi maya il girovagare dell'Uomo
attraverso spazi e tempi insondabili, alla ricerca forse - a seguire il filo
delle tradizioni religiose - di una luce perduta, a ben vedere, non meno qual maya
potremmo considerare la bolla senza vita che in primis imprigionò la Creazione,
sotto forma di illusoria felicità.
Illusoria, poiché ben sappiamo che non v'è discernimento,
laddove manca il metro di paragone. Niente felicità senza consapevolezza. Vita
apparente.
L'immobilismo non genera energia, dunque, è assenza
di vita per antonomasia. Mero oggetto di un desiderio antropofago. Orgia di un
Potere. Imperfezione per eccellenza.
Nacque allora, il senso del peccato, per
induzione. Il deus fu scosso dalla necessità di possedere. Emerse, col suo
stupore iroso, l'Ego del Potere, e accecato e altezzoso, volle scatenare il
Caos.
Non mi sono mai spiegata il concetto della
perfezione di un Dio che avrebbe creato l'Uomo a propria immagine e somiglianza
benché a Lui inferiore, e perdipiù, per scopi apparentemente tanto meschini: essere
servito in questa vita e adorato nell'altra (ma
diciamo che l’infelice semplificazione degli umani rende il concetto
praticamente ridicolo). Possibilmente, come da copione già da Lui
stesso programmato, servito nel
dolore, nella malattia e, di rado, in qualche forma di precaria felicità. In
pratica, un essere pensante tenuto a freno col morso e dunque sottomesso.